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Motopancetta 2012, 8 Gennaio Passo della Colla
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Motopancetta 2012, 8 Gennaio Passo della Colla
Non ho trovato il sito ufficiale, nel mentre vi posto la locandina
Io se il tempo regge dovrei andarci, è una cosa molto rustica, due anni fa ci andai e tornai bello contento.
Poi dal fiorentino son due passi (colla e sambuca )
Io se il tempo regge dovrei andarci, è una cosa molto rustica, due anni fa ci andai e tornai bello contento.
Poi dal fiorentino son due passi (colla e sambuca )
Re: Motopancetta 2012, 8 Gennaio Passo della Colla
eeeh... mi sa che nn riesco a piazzare i pargoli io ci sono, devo anche andare al risto sulla colla x un pezzo x un giornale locale...
risentiamoci
questo il pezzo che scrissi x MotorTime all'epoca, che il mio webmaster ha pensato bene di non trasferirmi dal vecchio sito
Motopancetta 2007
Ci sono cose meravigliose che nascono per caso. E’ l’estate del 2000, due coppie di amici fanno le ferie insieme in Corsica, in moto. Sono sulla strada del ritorno diretti verso casa a Imola e decidono di passare per il passo della Colla e poi per quello della Sambuca, come dire chiudiamo in bellezza il giro. Arrivano al Prato all’albero, poco prima della Sambuca, che è l’ora di pranzo e decidono di fermarsi a mangiare qualcosa. Uno ha il fornellino da campeggio, all’altro è rimasta un po’ di pancetta, e si mettono ad arrosellirla un poco. L’odore si spande per quell’angolo di paradiso che in estate offre un po’ di refrigerio a chi si ferma sulle panchine, o a giocare a pallone sul prato.
Attirati dal profumo della pancetta, si fermano altri motociclisti, con i quali viene diviso il pasto. Non sappiamo con esattezza che cosa sia avvenuto in seguito, ma di sicuro ne conosciamo le conseguenze. La comitiva così formata decide di ritrovarsi in inverno per ripetere l’esperienza e già il secondo anno i motociclisti diventano 35, per poi moltiplicarsi ancora, fino ad arrivare all’edizione 2007, quando le moto che abbiamo potuto vedere erano sicuramente alcune centinaia, nonostante il tempo da lupi.
Arrivo al Prato all’albero accompagnato da Luca, un amico di “quelli dell’elica.com”, un forum di possessori di moto BMW, l’unico disposto a muoversi da Firenze con una giornata freddina, umida e nebbiosa; ma d’altronde è il 7 gennaio, le feste sono finite, la voglia di andare in moto è tanta, e l’ozio dei giorni passati ci ha un po’ stufati. Appena arrivati, il tempo di levarci i caschi, che sentiamo gli AC DC suonare “Hells bells”, dietro la coltre di nebbia, pensiamo che ci sia qualche zombie che ci aspetta sulle panchine,oppure un mega impianto stereo, invece vediamo un gruppo rock in piena regola, che suona al centro del prato, alimentati da un gruppo elettrogeno gli strumenti, da una boccia di Jim Beam nella fondina del chitarrista, i suonatori. Andiamo bene.
Il gruppo si chiama “Cap 48” è conosciuto soprattutto nei pub romagnoli, e fanno solo cover. Qualcuno è venuto apposta per vederli, ad impressionare non è solo la bravura, ma soprattutto lo stile biker in perfetta sintonia con lo spirito del ritrovo. Pochi passi più in là, mimetizzato dall’umidità, è stato allestito un gazebo dove la Daniela gnene dà secche di uova strapazzate e pancetta. Dalle 10 del mattino in poi non si è mai fermata, qualcuno faceva la spola tra lei e Fred, l’altro organizzatore dell’evento, che non riparava a scaldare vin brulè.
Il riscaldamento era assicurato dal vecchio bidone da passeggiatrice del trastevere con la legna dentro, mentre nel focolare più grande, alla faccia dei boy scout, stava per essere immolato un considerevole metraggio di salsiccia.
La cosa più singolare, tornando al parcheggio, era vedere l’incredibile varietà di motociclette esumate per raggiungere il ritrovo.
Sembrava che ogni tipologia di mezzo volesse essere rappresentata: oltre alle più ovvie turistiche, abbiamo visto enduro stradali, anche vetuste, streetfighters con la scritta “dare gas” sul serbatoio, bruciasemafori, supermotard, quad; dal bosco spuntano un paio di gruppi di enduristi coperti di fango, uno di moto da trial, infine una Gold Wing con tanto di carrozzino, per chiudere in bellezza con una stupenda famigliola, babbo, mamma, due bambini, scesi da un’astronave dall’aspetto non facilmente classificabile, diciamo un sidecar, ma non proprio.
Al suono di “free bird” dei lynerd skynerd, andiamo in cerca di un altro bicchiere di vin brulè, la varietà della fauna motociclistica è rappresentata soprattutto dalle fogge dei giubbotti e dalle patch, dai gagliardetti, si indovinano una miriade di storie, di viaggi, di esperienze tutte da raccontare. Ognuna di queste persone avrebbe probabilmente da parlare per giornate intere dei propri giri, del modo personale di vivere la moto, delle proprie avventure. Oggi sono tutti qui riuniti, accomunati dal desiderio di uscire anche con la stagione infame, per vivere una piccola avventura a pochi chilometri da casa, e per celebrare un incontro, avvenuto qualche anno fa, per caso, ma che rappresenta tutti gli incontri fra quelle persone che quando si incrociano per la strada si scambiano un cenno di saluto: quelle su due ruote.
Restiamo a vedere i Cap 48 prima di tornare all’ovile, ballonzoliamo sul posto, un po’ anche per il freddo, e quando il cantante annuncia il pezzo celebrativo dei bikers, “sweet home Alabama”, assistiamo ad una scena singolare. Invece di un crescere della platea, dopo pochi minuti in molti abbandonano il raduno. Va bene che è l’ora di pranzo, ma proprio adesso…
Poi capisco: quale momento migliore per lasciare la folla, per tornare a vivere sulla sella, se non questo, nelle orecchie ancora il suono di quel pezzo? Solo così la musica non finirà mai.
Infilare il casco, accendere il motore, mettere la prima, immergersi nella nebbia, il vero biker è innanzitutto un poeta.
Lasciamo il prato all’albero come tutte le volte che siamo stati in moto, sicuri di avere capito qualcosa di importante, di aver provato un’emozione unica.
Oppure, come diceva l’altro pezzo, quello in italiano,
“ma vai, vai, vai,
dammi solo una buona ragione
che ti fa stare qui,
così così così”
risentiamoci
questo il pezzo che scrissi x MotorTime all'epoca, che il mio webmaster ha pensato bene di non trasferirmi dal vecchio sito
Motopancetta 2007
Ci sono cose meravigliose che nascono per caso. E’ l’estate del 2000, due coppie di amici fanno le ferie insieme in Corsica, in moto. Sono sulla strada del ritorno diretti verso casa a Imola e decidono di passare per il passo della Colla e poi per quello della Sambuca, come dire chiudiamo in bellezza il giro. Arrivano al Prato all’albero, poco prima della Sambuca, che è l’ora di pranzo e decidono di fermarsi a mangiare qualcosa. Uno ha il fornellino da campeggio, all’altro è rimasta un po’ di pancetta, e si mettono ad arrosellirla un poco. L’odore si spande per quell’angolo di paradiso che in estate offre un po’ di refrigerio a chi si ferma sulle panchine, o a giocare a pallone sul prato.
Attirati dal profumo della pancetta, si fermano altri motociclisti, con i quali viene diviso il pasto. Non sappiamo con esattezza che cosa sia avvenuto in seguito, ma di sicuro ne conosciamo le conseguenze. La comitiva così formata decide di ritrovarsi in inverno per ripetere l’esperienza e già il secondo anno i motociclisti diventano 35, per poi moltiplicarsi ancora, fino ad arrivare all’edizione 2007, quando le moto che abbiamo potuto vedere erano sicuramente alcune centinaia, nonostante il tempo da lupi.
Arrivo al Prato all’albero accompagnato da Luca, un amico di “quelli dell’elica.com”, un forum di possessori di moto BMW, l’unico disposto a muoversi da Firenze con una giornata freddina, umida e nebbiosa; ma d’altronde è il 7 gennaio, le feste sono finite, la voglia di andare in moto è tanta, e l’ozio dei giorni passati ci ha un po’ stufati. Appena arrivati, il tempo di levarci i caschi, che sentiamo gli AC DC suonare “Hells bells”, dietro la coltre di nebbia, pensiamo che ci sia qualche zombie che ci aspetta sulle panchine,oppure un mega impianto stereo, invece vediamo un gruppo rock in piena regola, che suona al centro del prato, alimentati da un gruppo elettrogeno gli strumenti, da una boccia di Jim Beam nella fondina del chitarrista, i suonatori. Andiamo bene.
Il gruppo si chiama “Cap 48” è conosciuto soprattutto nei pub romagnoli, e fanno solo cover. Qualcuno è venuto apposta per vederli, ad impressionare non è solo la bravura, ma soprattutto lo stile biker in perfetta sintonia con lo spirito del ritrovo. Pochi passi più in là, mimetizzato dall’umidità, è stato allestito un gazebo dove la Daniela gnene dà secche di uova strapazzate e pancetta. Dalle 10 del mattino in poi non si è mai fermata, qualcuno faceva la spola tra lei e Fred, l’altro organizzatore dell’evento, che non riparava a scaldare vin brulè.
Il riscaldamento era assicurato dal vecchio bidone da passeggiatrice del trastevere con la legna dentro, mentre nel focolare più grande, alla faccia dei boy scout, stava per essere immolato un considerevole metraggio di salsiccia.
La cosa più singolare, tornando al parcheggio, era vedere l’incredibile varietà di motociclette esumate per raggiungere il ritrovo.
Sembrava che ogni tipologia di mezzo volesse essere rappresentata: oltre alle più ovvie turistiche, abbiamo visto enduro stradali, anche vetuste, streetfighters con la scritta “dare gas” sul serbatoio, bruciasemafori, supermotard, quad; dal bosco spuntano un paio di gruppi di enduristi coperti di fango, uno di moto da trial, infine una Gold Wing con tanto di carrozzino, per chiudere in bellezza con una stupenda famigliola, babbo, mamma, due bambini, scesi da un’astronave dall’aspetto non facilmente classificabile, diciamo un sidecar, ma non proprio.
Al suono di “free bird” dei lynerd skynerd, andiamo in cerca di un altro bicchiere di vin brulè, la varietà della fauna motociclistica è rappresentata soprattutto dalle fogge dei giubbotti e dalle patch, dai gagliardetti, si indovinano una miriade di storie, di viaggi, di esperienze tutte da raccontare. Ognuna di queste persone avrebbe probabilmente da parlare per giornate intere dei propri giri, del modo personale di vivere la moto, delle proprie avventure. Oggi sono tutti qui riuniti, accomunati dal desiderio di uscire anche con la stagione infame, per vivere una piccola avventura a pochi chilometri da casa, e per celebrare un incontro, avvenuto qualche anno fa, per caso, ma che rappresenta tutti gli incontri fra quelle persone che quando si incrociano per la strada si scambiano un cenno di saluto: quelle su due ruote.
Restiamo a vedere i Cap 48 prima di tornare all’ovile, ballonzoliamo sul posto, un po’ anche per il freddo, e quando il cantante annuncia il pezzo celebrativo dei bikers, “sweet home Alabama”, assistiamo ad una scena singolare. Invece di un crescere della platea, dopo pochi minuti in molti abbandonano il raduno. Va bene che è l’ora di pranzo, ma proprio adesso…
Poi capisco: quale momento migliore per lasciare la folla, per tornare a vivere sulla sella, se non questo, nelle orecchie ancora il suono di quel pezzo? Solo così la musica non finirà mai.
Infilare il casco, accendere il motore, mettere la prima, immergersi nella nebbia, il vero biker è innanzitutto un poeta.
Lasciamo il prato all’albero come tutte le volte che siamo stati in moto, sicuri di avere capito qualcosa di importante, di aver provato un’emozione unica.
Oppure, come diceva l’altro pezzo, quello in italiano,
“ma vai, vai, vai,
dammi solo una buona ragione
che ti fa stare qui,
così così così”
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