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Mi sono fatto un giretto....

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Messaggio Da choke Gio Giu 03, 2010 6:56 pm

Ho fatto un “giretto”


Mi sono fatto un giretto.... Img5042c

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Ragazzi che moto il DRZ!!! Pisa Brindisi in giornata, 980 km, 17 ore di viaggio. Secondo giorno: giro del tacco della Puglia, circa 300 km, Terzo e quarto giorno: giretti in zona. Quinto giorno: Rientro spettacolare (in solitaria, finalmente): autostrada fino a Vasto, poi 16 ore continuate di curve, percorso "illogico" scelto solo in base alla bellezza delle strade e del contesto, Parco naturale d'Abruzzo, del Silente Verino, del Gran Sasso, dei M. Sibillini e vetta del Monte Amiata, già che c'ero; dalle 3:30 del mattino alle 22: 30 di sera, 1100 km di strada, 800 km di curve spettacolari in una giornata limpidissima e fresca, su asfalto asciutto e perfetto.

Metto il link del'itinerario seguito per il rientro.

[url= http://maps.google.it/maps?f=d&source=s_d&saddr=torre+santa+sabina&daddr=A14+to:Strada+sconosciuta+to:agnone+to:castel+di+sangro+to:pescasseroli+to:rocca+di+mezzo+to:amatrice+to:norcia+to:spoleto+to:Vocabolo+Mossa+Alta%2FSP382+to:todi+to:orvieto+to:Contrada+Fagiolo%2FSS74+to:piancastagnaio+to:Rifugio+Amiatino,+Abbadia+San+Salvatore+SI+to:buonconvento+to:siena+to:volterra+to:terricciola+to:cascina&hl=it&geocode=FdzjbQId8SgOASlRwNyNu2lGEzGI3ezKVQLfOQ%3BFV77cgIdYSoAAQ%3BFQb4gQIdSu7fAA%3BFTH6fQIdc2bbACkPDIqJqYgwEzEgXDqymk8JBA%3BFRCUfQIdZ0bXACllxL33P3owEzFg6jmymk8JBA%3BFXnxfQIdjGnSACnLgajQww4wEzHg7Dmymk8JBA%3BFWQChAIdzU3OACkFBmZiPtgvEzHjrmXizSd5EA%3BFQd2igId8c3KACkTkk6TCjwuEzGQsjmymk8JBA%3BFQH9jAId6tXHACn7JOLptWsuEzEgq-XjkCwIBA%3BFfY9jAIdfl_CACnNpo-GjfMuEzEgrOXjkCwIBA%3BFVBdjAIdxgK-AA%3BFUbGjAIdhVa9ACnfgL0BRcAuEzFF9IKXKBvaxQ%3BFTbNiwId0c64ACmxTUW1SswuEzEQruXjkCwIBA%3BFRB2iwId_DK3AA%3BFZ3djQIdOFCyACkf3NaNcxUpEzGXQm7Pb_0xTg%3BFV-ljgIdxI6xACmLug9CR2spEzGRYEsGkiwIJg%3BFfAukgIdiz2vACmR0emFY3wpEzEgpeXjkCwIBA%3BFYX9lAId0uOsACnFMZlgpiwqEzHwpuXjkCwIBA%3BFdJAlgIdN7qlACnzhkQeihkqEzGAouXjkCwIBA%3BFVEfmAIdu-iiAClPqPaBxQsqEzFQouXjkCwIBA%3B&mra=ls&via=10,13&sll=42.13741,14.19083&sspn=6.90842,13.513184&ie=UTF8&ll=42.309815,15.930176&spn=6.888911,13.513184&z=6]ITINERARIO[/url]


Ore 4:30, partenza:
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Una pausa durante il giro del tacco:
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La piazza di Ostuni, la città Bianca:
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Strade di Puglia (occhio a non chiudere le curve, i muri a secco ti aspettano)
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Non poteva mancare la foto col trullo:
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Rientro, Parco Nazionale d’Abruzzo, verso il passo del Diavolo:
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Rientro, Todi:
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Rientro, Orvieto:
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Rientro, Monte Amiata:
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Ultima modifica di choke il Ven Set 17, 2010 9:09 am - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Pres Gio Giu 03, 2010 7:07 pm

sei un mito . . . davvero splendido . . . il Kiddo ti adotta di sicuro e poi ti pubblica su pensieri sporchi Laughing

grande davvero, complimenti .
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Messaggio Da briele Gio Giu 03, 2010 8:13 pm

ma sticazzi ! complimentoni !! drunken
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Messaggio Da Greg gasgas Gio Giu 03, 2010 8:26 pm

cavolo............................non ho parole................e io ke mi vantavo di aver fatto il cost to cost...............ke spettacolo
ma hai fatto tutto da solo o solo il rientro?
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Messaggio Da Ghigno Gio Giu 03, 2010 9:28 pm

Complimentoni!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! questo si che é viaggiare!!!
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Messaggio Da choke Gio Giu 03, 2010 9:49 pm

Greg gasgas ha scritto:
ma hai fatto tutto da solo o solo il rientro?

All'andata eravamo 6. Io col DRZ, 1 con un bandit 650, 3 col bandit 1200 e uno col BMW K 1300 o giù di li. A Ostuni avevamo un motoraduno, ma a ritorno mi sono sganciato e son tornato da solo, martedì col bel tempo, mentre loro son rientrati mercoledì. Così mi sono scelto la strada senza vincoli. Altrimenti sul veloce io avrei rallentato loro e sul misto loro avrebbero rallentato me, come all'andata.
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Messaggio Da Fonsi400 Gio Giu 03, 2010 9:58 pm

cacchio...la prossima volta chiamami,che facciamo un mini raduno drz....

a proposito di raduno...ma te ci vai al raduno drz????
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Messaggio Da Greg gasgas Gio Giu 03, 2010 10:04 pm

il raduno drz lo fanno dalle mie parti sopra vellano,alla fammina morta..........la via è uno spettacolo
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Messaggio Da choke Gio Giu 03, 2010 10:05 pm

Fonsi400 ha scritto:
a proposito di raduno...ma te ci vai al raduno drz????

No, ho poco tempo per girare in moto adesso, per questo mi sono sparato quel percorso interminabile. A dire il vero credevo ci fosse già stato il raduno e mi pare che le iscrizioni siano chiuse, quindi probabilmente neanche volendo potrei. Comunque appena la rete mi funziona meglio controllo sul sito.

Ciao, e se ci vai, buon raduno!
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Messaggio Da Greywolf Ven Giu 04, 2010 6:47 am

Bel giro, complimentoni! cheers


L'Abruzzo e l' Umbria sono meravigliosi
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Messaggio Da Kiddo Ven Giu 04, 2010 7:57 am

giro stupendo, complimenti davvero, e bellissime foto

INVIDIAAAAA!!!!!!
chissà quando ci ritoccherà una passeggiata così...
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Messaggio Da derapage Ven Giu 04, 2010 9:48 am

Grandissimo!!!!! un giro esagerato.....
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Messaggio Da Kiddo Ven Giu 04, 2010 10:16 am

... ma poi bello sarvatico
mi garberebbe da morire, chessò, domani, prendo la moto, ci lego du ricambi e vo... in Provenza... a vent'anni lo facevo davvero

http://www.ilkiddo.it/dblog/storico.asp?s=eclissi+1999+Francia


pensa ai lavori in casa, vai...
magari l'anno prossimo...
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Messaggio Da choke Ven Giu 04, 2010 10:31 am

Beh, il Kiddo per me è inimitabile e rimane una figura un po' leggendaria, che un giorno magari incontrerò.
Io ho scoperto la moto solo da poco ma ho già capito che quando la prendo mi piace starci su il più possibile. Per questo sto valutando di cambiare il mio DRZ anche se so che mi mancherà (soprattutto dopo che mi ha portato in Puglia senza esitazioni).

La cosa buffa è che al ritorno, dopo quasi 1000 km sono arrivato a Saline di Volterra, quindi praticamente a casa, e li ho visto il bar dove questa primavera mi ero fermato a mangiare un giorno in cui avevo fatto un giro che mi pareva mi avesse portato lontanissimo da casa... mi sono quasi commosso.
choke
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Messaggio Da Winnie Ven Giu 04, 2010 10:40 am

Complimenti e.....CULO D'ACCIAIO!
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Messaggio Da Kiddo Ven Giu 04, 2010 11:30 am

choke ha scritto:Beh, il Kiddo per me è inimitabile e rimane una figura un po' leggendaria, che un giorno magari incontrerò.
Io ho scoperto la moto solo da poco ma ho già capito che quando la prendo mi piace starci su il più possibile. Per questo sto valutando di cambiare il mio DRZ anche se so che mi mancherà (soprattutto dopo che mi ha portato in Puglia senza esitazioni).

La cosa buffa è che al ritorno, dopo quasi 1000 km sono arrivato a Saline di Volterra, quindi praticamente a casa, e li ho visto il bar dove questa primavera mi ero fermato a mangiare un giorno in cui avevo fatto un giro che mi pareva mi avesse portato lontanissimo da casa... mi sono quasi commosso.


apparte che stamperò questa cosa e poi la userò come antidepressivo nei momenti bui, oltre a mostrarla a tutti i miei amici/conoscenti,
si, la sensazione è di avere il mondo a portata di mano, anzi di manubrio
a volte porta a delle sane esagerazioni, ma di solito è proprio quello il senso di libertà che poi ogni motociclista ricerca in ogni viaggio.


questo è un pezzo che mi pubblicarono su Motor Time, quando avevo la mia rubrichetta... Sad
poi diventato un capitolo del mio malassemblato libercolo





Non so se capita anche a voi, miei piccoli lettori, ma tutte le volte che conosco qualcuno, immancabilmente, dopo poco finisco a parlare di moto.
Non importa che sia un appassionato o qualcuno che conosco in altre occasioni, un cliente, una suora o un ragazzetto in palestra, dopo dieci minuti di conversazione, l’argomento due ruote esce fuori magicamente.
Proprio nello spogliatoio della palestra, qualche sera fa, mi trovo a chiacchierare di sogni motociclistici, o, dovendo fare la parte del vecchio con un gruppo di ragazzi sulla ventina, di nostalgie. E’ stato allora che mi scappa un “certo, che quella che mi è rimasta di più nel cuore, è stato il Supertènèrè”.
Alchè mi viene chiesto (giuro): “che cos’è un supertènèrè?”
Mi sono sentito mancare. Ho farfugliato qualche spiegazione semitecnica, nel mio stile molto confusa, imprecisa, ma ero troppo sconvolto per non sentirmi quasi ferito.
Davvero, giovane, non sai che cos’è il Supertènèrè?
Forse non sarò in grado di dare nozioni tecniche, non è questo il mio intento, ma se vuoi, te lo spiego io, che cosa è stata, la Yamaha Xtz 750, Supertènèrè.

Lucrezia, una storia d’amore.

La prima volta che la vidi, non credevo ai miei occhi. Venne presentata in Europa al Motor Show di Bologna, anno 1988. Io avevo 17 anni, avevo convinto il Villa, mio unico compagno maschio di scuola, a venire al M.S. unicamente perché c’erano le modelle: le fotografammo tutte. Le case motociclistiche all’epoca investivano moltissimo su Bologna, al contrario di adesso, e Yamaha approfittò dell’evento per presentare la naturale evoluzione delle sue enduro serie Xt: dal 600, il 600 tènèrè, per finire al bicilindrico che al momento avrebbe surclassato per prestazioni la più diretta concorrente, la Honda Africa Twin 650. Della serie Xt, l’Xtz 750 riprendeva le linee, la sportività, le grafiche, però tutto era accentuato all’ennesima potenza: la carenatura imponente, elegante, con le due prese d’aria rotonde che richiamavano alle linee dell’Fzr, il doppio disco anteriore, il doppio faro (già visto in verità sull’Africa e sul Tuareg Aprilia), i cerchi verniciati in nero, la livrea bianca e blu con le finiture gialle. Vederla sull’espositore in alto, non accessibile ai poveri mortali, mi obbligò a restare incantato per un oretta a volta, per le due o tre volte che tornai a vederla. Povero Villa quanto si ruppe i coglioni!
La legge appena passata che permetteva anche ad un diciottenne scraniato come me di poter guidare anche un Gold Wing, mi invitò subito a chiedere quella meraviglia come regalo di compleanno. Purtroppo (o per fortuna) le consegne iniziarono verso maggio dell’89, e io a febbraio mi ero già preso il Dominator. Oltretutto, il bestione era veramente grosso, esagerato da dover portare tutti i giorni a scuola, e per il momento feci un po’ come la volpe con l’uva. Ma il Super in realtà rimaneva sempre il riferimento, quella che prima o poi…Passano gli anni, la lunghezza dei giri aumenta, la voglia di vedere il mondo anche, e la domanda “si, bella, ma che te ne fai?”, comincia a trovare sempre di più una risposta. Una moto grossa, che richiama alla mente avventure in posti inesplorati, tanta autonomia, la possibilità del fuoristrada, ad un ventiduenne come me appariva come una chiave per poter avere il mondo in tasca.
Alla fine del servizio di leva, correva l’anno 1993, finalmente arriva il momento tanto atteso. Lei si chiamava Lucrezia, Lucy per i più intimi; mi sarebbe piaciuta bianca, blu e viola, ma era finita, sicchè mi presi quella nera grigia e verde. Penso sinceramente che non abbiano fatto più delle colorazioni così belle neanche sulle versioni successive, anche perché ogni anno cambiavano tutte le livree: tre colorazioni differenti. Indimenticabile una del 1990, tutta bianca con la scritta Chesterfield da cima a fondo; venne distribuita in tiratura limitata, due moto per ciascun concessionario d’Italia. Spettacolare!
Con un mezzo del genere bisogna viaggiare, e io incominciai!
Parliamoci chiaro, non importa dove vai, l’importante è lo spirito. A ventidue anni, arrivare nella piazzetta di Pratovecchio e cominciare a lavorare con la fantasia dei possibili e meravigliosi incontri con qualche ragazzetta casentinese, affascinata dal bello e giovane esploratore di quei luoghi così isolati e sperduti, è un’emozione adolescenziale, ricca di tutta la voglia di conoscere di quell’età, ma la bellezza di un bicilindrico sport adventure è proprio questa: non importa necessariamente smanettare per divertirsi, ma ogni volta che lo accendi ti viene naturale pensare che hai appena cominciato una nuova avventura alla scoperta di qualcosa.
Il primo viaggio vero lo feci proprio nel ‘93, unendomi ad un gruppo di ragazzi del paese che partivano per l’Ungheria. Io non conoscevo veramente nessuno, ma loro andavano e io mi aggregai. Il viaggio fu stupendo, sia per la compagnia che per il giro. Arrivammo fino al confine con la Rep. Ceca risalendo il Danubio, e tornammo, dopo dieci giorni a Budapest , passando dal lago Balaton, attraverso la Slovenia.
Da quel momento, la mia ossessione diventò solo una: partire!
Io volevo vedere tutto quello che c’era da vedere, andare in tutti quei posti che aspettavano solo di essere scoperti dal bel giovane esploratore, con le donzellette e tutto il resto. Conoscere, parlare, bere insieme a gente di tutti i posti possibili, o almeno quelli a portata di Supertènèrè.
L’anno successivo, insieme alla mia ragazza diciannovenne, Valentina, verso settembre pianificammo un viaggio di un fine settimana verso “una capitale europea”. Ora, la cosa può sembrare assurda, ma mai tanto quanto ad analizzarla veramente a fondo. Partendo da Firenze, la “capitale” più vicina, escludendo ovviamente Roma, risulta essere, drammaticamente, GINEVRA! E si che noi volevamo andare a VIENNA! Partendo il venerdi pomeriggio!
Capito cosa intendo per “pensare di avere il mondo a portata di mano”?
Basti dire che facemmo il traforo del monte Bianco alle dieci di sera, e che scendendo verso Chamonix ai lati della strada c’erano delle montagne di neve.
Il viaggio più bello, e che anche negli anni a seguire è rimasto il punto di riferimento, fu quello in Portogallo. Anno 1996. Due moto, tre amici. Fra le cose che non posso fare a meno di ricordare c’è una strada in particolare che risale i Pirenei, passando da un paesino vicino a Lourdes, e che sembrava una striscia di asfalto appoggiata su un paesaggio uscito da una fiaba, irreale nella sua bellezza. Non so se vorrei tornarci, preferisco mantenere il ricordo di quell’esperienza, piuttosto che andare a cercarla di nuovo, almeno nella mia testa sarà sempre uguale. Poi il Camino di Santiago, Palencia, Lisbona, di nuovo Barcellona. Gente, strade, birre, locali, benzinai e ancora strade sempre dritte, chilometri, chilometri…
Per me quel viaggio fu il preludio alla vita di coppia, quella che mi avrebbe regalato ancora più esperienze in moto, come ad esempio quello in Croazia.
Un amico, Massimiliano Fanfani, con un S.T. trasformato motard, fece andata e ritorno a Caponord, in una decina di giorni. Dormiva qualche ora, viaggiava tantissimo in piedi, mangiava quando capitava. Questo è uno dei tanti ricordi di una persona fuori dal comune, che ha lasciato nelle persone che lo hanno conosciuto un ricordo sicuramente indelebile.
Ad ogni modo gli anni passano, la tecnica si evolve, ci si accorge che il baricentro è troppo alto, la comodità non eccessiva, i freni e le sospensioni sono superati, e viene voglia di cambiare. D’altronde avere una moto è come vivere una storia d’amore, solo se si sopravvive alla passione si può sperare in qualcosa di duraturo. Ma la moto E’ passione. Comunque ecco cos’è stato per me come per tanti altri che cominciavano a viaggiare in moto nei primi anni ’90 il Supertènèrè: in una parola sola, con la banalità che contraddistingue abitualmente questo mio corsivo, libertà.
Una borsa legata dietro con un elastico, una cartina e i soldi contati. Ma soprattutto, il non sapere mai dove mi sarei fermato la sera.
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Messaggio Da choke Ven Giu 04, 2010 12:35 pm

Bellissimo.
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Messaggio Da RIKKA Sab Giu 05, 2010 8:27 pm

.
.Complimenti davvero............bellissimo viaggio...........

Lo avevo anch'io il DRZ , nero come il tuo , e' davvero un fedele compagno di viaggio, anche se penso che non essendo una moto Turing , per fare tutti codesti kilometri ti ci deve esser voluta una bella resistenza a confronto di averlo fatto con un GS !!

riCOMPLIMENTI....
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Messaggio Da nigrid Gio Giu 10, 2010 5:55 pm

Greg gasgas ha scritto:il raduno drz lo fanno dalle mie parti sopra vellano,alla fammina morta..........la via è uno spettacolo


esatto! io c'ero! uno spettacolo!! ci siamo divertiti tantissimo!

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Messaggio Da Greg gasgas Gio Giu 10, 2010 7:47 pm

mi fa piacere.......quelle zone lassu sono uno spettacolo........di solito quando ho voglia di fare un giretto di poche ora vado la.......e poi proseguo verso l'Abetone Smile
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Messaggio Da nigrid Gio Giu 10, 2010 8:15 pm

esatto! la strada che s'è fatto noi!

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Messaggio Da Paolino Ven Giu 11, 2010 8:59 am

hai capito il choke... vuole vendere la moto e va in giro a zingarare ! eheheheh
Potevi metterci il cartello VENDESI.
Complimenti davvero. Ma la moglie era con te?

Un salutone
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Messaggio Da Caronte Ven Giu 11, 2010 9:38 am

Gran "giretto" Choke! Very Happy

Kiddo ha scritto:apparte che stamperò questa cosa e poi la userò come antidepressivo nei momenti bui, oltre a mostrarla a tutti i miei amici/conoscenti,
si, la sensazione è di avere il mondo a portata di mano, anzi di manubrio
a volte porta a delle sane esagerazioni, ma di solito è proprio quello il senso di libertà che poi ogni motociclista ricerca in ogni viaggio.


questo è un pezzo che mi pubblicarono su Motor Time, quando avevo la mia rubrichetta... Sad
poi diventato un capitolo del mio malassemblato libercolo





Non so se capita anche a voi, miei piccoli lettori, ma tutte le volte che conosco qualcuno, immancabilmente, dopo poco finisco a parlare di moto.
Non importa che sia un appassionato o qualcuno che conosco in altre occasioni, un cliente, una suora o un ragazzetto in palestra, dopo dieci minuti di conversazione, l’argomento due ruote esce fuori magicamente.
Proprio nello spogliatoio della palestra, qualche sera fa, mi trovo a chiacchierare di sogni motociclistici, o, dovendo fare la parte del vecchio con un gruppo di ragazzi sulla ventina, di nostalgie. E’ stato allora che mi scappa un “certo, che quella che mi è rimasta di più nel cuore, è stato il Supertènèrè”.
Alchè mi viene chiesto (giuro): “che cos’è un supertènèrè?”
Mi sono sentito mancare. Ho farfugliato qualche spiegazione semitecnica, nel mio stile molto confusa, imprecisa, ma ero troppo sconvolto per non sentirmi quasi ferito.
Davvero, giovane, non sai che cos’è il Supertènèrè?
Forse non sarò in grado di dare nozioni tecniche, non è questo il mio intento, ma se vuoi, te lo spiego io, che cosa è stata, la Yamaha Xtz 750, Supertènèrè.

Lucrezia, una storia d’amore.

La prima volta che la vidi, non credevo ai miei occhi. Venne presentata in Europa al Motor Show di Bologna, anno 1988. Io avevo 17 anni, avevo convinto il Villa, mio unico compagno maschio di scuola, a venire al M.S. unicamente perché c’erano le modelle: le fotografammo tutte. Le case motociclistiche all’epoca investivano moltissimo su Bologna, al contrario di adesso, e Yamaha approfittò dell’evento per presentare la naturale evoluzione delle sue enduro serie Xt: dal 600, il 600 tènèrè, per finire al bicilindrico che al momento avrebbe surclassato per prestazioni la più diretta concorrente, la Honda Africa Twin 650. Della serie Xt, l’Xtz 750 riprendeva le linee, la sportività, le grafiche, però tutto era accentuato all’ennesima potenza: la carenatura imponente, elegante, con le due prese d’aria rotonde che richiamavano alle linee dell’Fzr, il doppio disco anteriore, il doppio faro (già visto in verità sull’Africa e sul Tuareg Aprilia), i cerchi verniciati in nero, la livrea bianca e blu con le finiture gialle. Vederla sull’espositore in alto, non accessibile ai poveri mortali, mi obbligò a restare incantato per un oretta a volta, per le due o tre volte che tornai a vederla. Povero Villa quanto si ruppe i coglioni!
La legge appena passata che permetteva anche ad un diciottenne scraniato come me di poter guidare anche un Gold Wing, mi invitò subito a chiedere quella meraviglia come regalo di compleanno. Purtroppo (o per fortuna) le consegne iniziarono verso maggio dell’89, e io a febbraio mi ero già preso il Dominator. Oltretutto, il bestione era veramente grosso, esagerato da dover portare tutti i giorni a scuola, e per il momento feci un po’ come la volpe con l’uva. Ma il Super in realtà rimaneva sempre il riferimento, quella che prima o poi…Passano gli anni, la lunghezza dei giri aumenta, la voglia di vedere il mondo anche, e la domanda “si, bella, ma che te ne fai?”, comincia a trovare sempre di più una risposta. Una moto grossa, che richiama alla mente avventure in posti inesplorati, tanta autonomia, la possibilità del fuoristrada, ad un ventiduenne come me appariva come una chiave per poter avere il mondo in tasca.
Alla fine del servizio di leva, correva l’anno 1993, finalmente arriva il momento tanto atteso. Lei si chiamava Lucrezia, Lucy per i più intimi; mi sarebbe piaciuta bianca, blu e viola, ma era finita, sicchè mi presi quella nera grigia e verde. Penso sinceramente che non abbiano fatto più delle colorazioni così belle neanche sulle versioni successive, anche perché ogni anno cambiavano tutte le livree: tre colorazioni differenti. Indimenticabile una del 1990, tutta bianca con la scritta Chesterfield da cima a fondo; venne distribuita in tiratura limitata, due moto per ciascun concessionario d’Italia. Spettacolare!
Con un mezzo del genere bisogna viaggiare, e io incominciai!
Parliamoci chiaro, non importa dove vai, l’importante è lo spirito. A ventidue anni, arrivare nella piazzetta di Pratovecchio e cominciare a lavorare con la fantasia dei possibili e meravigliosi incontri con qualche ragazzetta casentinese, affascinata dal bello e giovane esploratore di quei luoghi così isolati e sperduti, è un’emozione adolescenziale, ricca di tutta la voglia di conoscere di quell’età, ma la bellezza di un bicilindrico sport adventure è proprio questa: non importa necessariamente smanettare per divertirsi, ma ogni volta che lo accendi ti viene naturale pensare che hai appena cominciato una nuova avventura alla scoperta di qualcosa.
Il primo viaggio vero lo feci proprio nel ‘93, unendomi ad un gruppo di ragazzi del paese che partivano per l’Ungheria. Io non conoscevo veramente nessuno, ma loro andavano e io mi aggregai. Il viaggio fu stupendo, sia per la compagnia che per il giro. Arrivammo fino al confine con la Rep. Ceca risalendo il Danubio, e tornammo, dopo dieci giorni a Budapest , passando dal lago Balaton, attraverso la Slovenia.
Da quel momento, la mia ossessione diventò solo una: partire!
Io volevo vedere tutto quello che c’era da vedere, andare in tutti quei posti che aspettavano solo di essere scoperti dal bel giovane esploratore, con le donzellette e tutto il resto. Conoscere, parlare, bere insieme a gente di tutti i posti possibili, o almeno quelli a portata di Supertènèrè.
L’anno successivo, insieme alla mia ragazza diciannovenne, Valentina, verso settembre pianificammo un viaggio di un fine settimana verso “una capitale europea”. Ora, la cosa può sembrare assurda, ma mai tanto quanto ad analizzarla veramente a fondo. Partendo da Firenze, la “capitale” più vicina, escludendo ovviamente Roma, risulta essere, drammaticamente, GINEVRA! E si che noi volevamo andare a VIENNA! Partendo il venerdi pomeriggio!
Capito cosa intendo per “pensare di avere il mondo a portata di mano”?
Basti dire che facemmo il traforo del monte Bianco alle dieci di sera, e che scendendo verso Chamonix ai lati della strada c’erano delle montagne di neve.
Il viaggio più bello, e che anche negli anni a seguire è rimasto il punto di riferimento, fu quello in Portogallo. Anno 1996. Due moto, tre amici. Fra le cose che non posso fare a meno di ricordare c’è una strada in particolare che risale i Pirenei, passando da un paesino vicino a Lourdes, e che sembrava una striscia di asfalto appoggiata su un paesaggio uscito da una fiaba, irreale nella sua bellezza. Non so se vorrei tornarci, preferisco mantenere il ricordo di quell’esperienza, piuttosto che andare a cercarla di nuovo, almeno nella mia testa sarà sempre uguale. Poi il Camino di Santiago, Palencia, Lisbona, di nuovo Barcellona. Gente, strade, birre, locali, benzinai e ancora strade sempre dritte, chilometri, chilometri…
Per me quel viaggio fu il preludio alla vita di coppia, quella che mi avrebbe regalato ancora più esperienze in moto, come ad esempio quello in Croazia.
Un amico, Massimiliano Fanfani, con un S.T. trasformato motard, fece andata e ritorno a Caponord, in una decina di giorni. Dormiva qualche ora, viaggiava tantissimo in piedi, mangiava quando capitava. Questo è uno dei tanti ricordi di una persona fuori dal comune, che ha lasciato nelle persone che lo hanno conosciuto un ricordo sicuramente indelebile.
Ad ogni modo gli anni passano, la tecnica si evolve, ci si accorge che il baricentro è troppo alto, la comodità non eccessiva, i freni e le sospensioni sono superati, e viene voglia di cambiare. D’altronde avere una moto è come vivere una storia d’amore, solo se si sopravvive alla passione si può sperare in qualcosa di duraturo. Ma la moto E’ passione. Comunque ecco cos’è stato per me come per tanti altri che cominciavano a viaggiare in moto nei primi anni ’90 il Supertènèrè: in una parola sola, con la banalità che contraddistingue abitualmente questo mio corsivo, libertà.
Una borsa legata dietro con un elastico, una cartina e i soldi contati. Ma soprattutto, il non sapere mai dove mi sarei fermato la sera.

Very Happy Che bello!
M'è scesa una lacrimuccia. Smile
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Messaggio Da choke Dom Giu 13, 2010 4:49 pm

Paolino ha scritto:
Complimenti davvero. Ma la moglie era con te?

No di certo! Sarebbe stato impensabile sia per me che per lei, fare un viaggio così in giornata in due.
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Messaggio Da Greg gasgas Dom Giu 13, 2010 7:48 pm

al posto del passeggero c'era un valigione disumano Very Happy Smile
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